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Gli Incidenti

Il Vecchio Nucleare
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Gli incidenti negli impianti nucleari tradizionali

Il nucleare, inteso come fonte energetica, e non come esclusivo mezzo per offendere e seminare terrore bellico, comincia a prendere piede negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale.
Purtroppo nel corso degli anni si sono verificati svariati incidenti nucleari, alcuni fortunatamente con esiti limitati, altri con conseguenze piuttosto rilevanti. Ne riportiamo alcuni:

Chalk River,Canada (1952) 5° Livello INES: E’ il primo incidente che ha interessato un reattore nucleare. L'evento interessò il cosiddetto reattore NRX presso i Chalk River Laboratories di Ottawa, a causa di incomprensioni tra il personale addetto al reattori. Dati errati presso la sezione di controllo del reattore causarono la parziale fusione del nocciolo del reattore. Il successivo surriscaldamento del refrigerante del reattore determinò un'esplosione che provocò la fuoriuscita del liquido di raffreddamento contaminato. Per evitare la contaminazione del fiume Ottawa il liquido radioattivo fu fatto confluire in una cava abbandonata rimasta ancor oggi off limits.

Three Mile Island, Harrisburg, USA (1979), 5° livello INES: L'incidente causò il rilascio di radioattività nell'ambiente a seguito dello scarico all'esterno di un eccesso di vapore che aveva saturato il circuito primario. In seguito al surriscaldamento del reattore vi fu una fuga di radionuclidi gassosi quali lo Xenon ed i vapori di Iodio. Per precauzione una parte dell’area metropolitana, circa 140.000 abitanti, fu evacuata e secondo le informazioni ufficiali non vi alcuna conseguenza rilevante dal punto di vista sanitario, mentre la centrale divenne inutilizzabile con gravi perdite per la proprietà (privata). Il reattore è tuttora sottoposto a monitoraggio in attesa di smantellamento.

Chernobyl, Ucraina (1986), 7° livello INES: Ricordo molto bene quel giorno. Ero nell’orto e mi stavo occupando di legare le piantine di pomodoro, di cetrioli e di peperoni, che avevo piantato qualche settimana prima. E ricordo anche i giorni successivi nei quali, anche stimolati dalle continue notizie dei TG e dei quotidiani, i cittadini erano preoccupati per l’imminente arrivo della nube nucleare. Ognuno aveva una speranza e c’era chi la esternava apertamente e chi se la teneva in cuor suo. Alla fine quella speranza era che, per intervento divino o per qualunque altra ragione, quelle polveri andassero a cadere altrove, non importa dove. Fummo fortunati perché i livelli di contaminazione della nube radioattiva che raggiunse la nostra penisola erano abbastanza bassi ed si erano diluiti ad opera dei venti. Ciò nonostante le piantine dell’orto furono tolte e sostituite con delle nuove che si pensava fossero state al riparo nelle serre. Mi restò sempre qualche dubbio nei mesi successivi.  Furono meno fortunate  le persone colpite dal disastro sia nell’impianto nucleare sia nelle immediate vicinanze e alle sofferenze di allora si sommarono quelle che negli anni successivi portarono a pagare un costo,  in termini di sofferenza umana, molto elevato. Non tenendo conto dei dati ufficiali redatti dalle agenzie governative (65 morti), e contestate dalle associazioni antinucleariste (Calcoli probabilistici danno 30.000 morti precoci fra il 1986 ed il 2066), resta tutto lo sconcerto per le gravi debolezze intrinseche di progettazione del reattore nucleare, dovute in gran parte alla volontà di produrre, insieme all’energia elettrica, anche il plutonio-239 per uso militare.

Fukushima, Giappone  (2011), 7° livello INES: Ero in volo per la Turchia e, una volta arrivato in albergo, ho appreso della catastrofe. I giapponesi sono famosi per la precisione e l’efficienza tecnica e metodologica. Eppure l’impianto fu costruito quasi in riva al mare, cosa obbligata per avere la disponibilità d’acqua per il raffreddamento dei reattori, senza alcuna protezione al largo contro le onde dell’oceano. Stranamente i progettisti, pur avendo progettato l’impianto a prova di terremoto fino a 8.5 gradi Richter e di onde da tsunami fino a 6.5 metri, non avevano considerato gli esiti devastanti di onde di altezza superiore in una terra che non ti permette di sbagliare. L’onda dello tsunami fu di 14 metri di altezza, come stabilito dalle successive indagini ed evidenze. Di errori ne furono fatti tanti da parte della società TEPCO che gestiva l’impianto, sia nella fase iniziale che nelle settimane seguenti, ma a molti tecnici e operai volontari, che con senso di responsabilità si sono sacrificati per limitare al massimo i danni, va tutto il rispetto di noi spettatori lontani. La catastrofe è stata immane ed ancora abbiamo negli occhi le persone ordinatamente e pazientemente in fila che tanta partecipazione e simpatia hanno riscosso da parte del mondo intero, incluse le figure dell’Imperatore e dell’Imperatrice in visita nei luoghi del disastro.  Un popolo davvero straordinario!
Nel report di Bloomberg “Fukushima Radiation Proves Less Deadly Than Feared”, del 10 Marzo 2013, a firma di Peter Gale & Eric Lax, si legge fra l’altro: “Although the crippled nuclear reactors themselves still pose a danger, no one, including personnel who worked in the buildings, died from radiation exposure. Most experts agree that future health risks from the released radiation, notably radioactive iodine-131 and cesiums-134 and -137, are extremely small and likely to be undetectable”.
Va precisato che tutti i danni (20 persone decedute, 300.000 rimaste senza casa, l’impianto nucleare di Fukushima e centinaia di migliaia di edifici crollati) sono imputabili esclusivamente all’azione distruttiva dello tsunami, e non alle attività nucleari, come con molta malafede gruppi di potere e mezzi di informazione avallano, pur sapendo di mentire.
Oggi il Giappone, mentre da una parte ha ripensato al suo programma nucleare tradizionale, costituito da ben 53 reattori, dietro le spinte dell’opinione pubblica che ne vorrebbe la riduzione, se non la totale soppressione, dall’altra ha intensificato gli sforzi per ottenere comunque l’energia in sicurezza e ad un prezzo contenuto.
Purtroppo già oggi il Giappone ha un bilancio energetico passivo, mentre prima di Fukushima era totalmente attivo. Comunque l’opinione pragmatica comune è che senza energia si dipende dagli altri e questi altri fanno il bello ed il cattivo tempo. E’ normale che ora ci sia una specie di rifiuto verso il nucleare, ma è altrettanto probabile che i Giapponesi dopo una pausa di riflessione per qualche anno, propendano di nuovo per il nucleare. Sarebbe auspicabile che nel frattempo il progetto Fuji, basato sui Sali Fusi di Torio, fosse portato a termine. Nel frattempo avrebbero trovato il modo di sfruttare i depositi di idrati di metano nelle profondità marine. Ma avere a che fare con gli idrati di metano può essere molto pericoloso, addirittura persino più di una esplosione nucleare.
Il proprio connazionale Kazuo Furukawa, grandissimo fisico nucleare, nel suo libro “Nuclear Reactors Revolution Book”, spiega in modo lucido ed appassionato l’intera tecnologia dei Sali Fusi di Torio. Un testo sacro per chi si avvicina a questa tecnologia.
Tuttavia anche lui, come del resto tanti altri mancati profeta in patria, è stato obbligato a racimolare in Russia, quasi elemosinando, i fondi per la ricerca e per i suoi esperimenti.
Ciò nonostante alla sua morte, avvenuta il 15 Dicembre 2011, ha lasciato al Giappone gli strumenti necessari per ottenere un'energia sicura, pulita, verde che nel suo progetto avrebbe dovuto sostituire l’attuale vecchio e sempre pericoloso nucleare.


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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